L’azienda campana è all’avanguardia nel settore del recupero tessile
Trasformare i rifiuti tessili in risorsa per un futuro sostenibile: questo l’obiettivo e l’impegno di Second Life, azienda campana all’avanguardia nel recupero tessile, specializzata nella selezione e rigenerazione di calzature, pelletteria e accessori, la parte con la peggiore impronta ambientale.
La realtà, guidata da Antonio di Nuzzo, rappresenta un unicum nel settore, in quanto ad oggi è difficile trovare altre aziende che lavorino esclusivamente con questa sezione del mondo dell’abbigliamento.
I punti di forza
Fattori chiave di Second Life sono la circolarità e la sostenibilità, elementi che puntano a ridurre l’impatto ambientale aumentando il ciclo di vita utile dei prodotti tessili. Un approccio che si può riassumere con l’espressione “meno rifiuti, più risorse”. Grazie a investimenti mirati e a una progettazione attenta, l’impresa punta a ridurre sempre di più la quantità di scarto di lavorazione, che oggi per Second Life ammonta al 5%. Un obiettivo di grande valore, ma che la realtà di Antonio di Nuzzo è determinata a migliorare ulteriormente,il più vicino a Zero. Uno scopo ambizioso, da raggiungere anche con iniziative che vanno al di là del core business di riferimento e tramite il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo.
Basti pensare che dal 2019 a oggi Second Life ha recuperato oltre 1 milione di chili di rifiuti tessili, reimmettendo sul mercato del second hand più di 5 milioni e mezzo di pezzi. La procedura seguita dall’azienda campana punta quindi a dare nuova vita agli articoli dismessi, lasciando però inalterato il loro design originale.
Le operazioni eseguite rispettano la regola “delle quattro R”, ovvero riduci, recupera, riusa e ricicla. Il processo inizia con la separazione del materiale che arriva all’azienda, di cui Second Life acquista soltanto calzature, pelletteria accessori. Da lì si interviene con la fase di preselezione, selezione e controllo qualità, per passare poi alla sanificazione, lucidatura e infine il riempimento ed etichettatura a marchio Second Life.
I prodotti vengono suddivisi per standard qualitativi – stato d’uso, qualità, modello e firma -, in modo da indirizzarli su diverse fasce di mercato. Una parte viene ad esempio inviata in paesi diversamente agiati, con il duplice obiettivo di allungare la vita del prodotto e di operare a livello etico per migliorare le condizioni di vita di persone che vertono in condizioni sfavorevoli.
Questi capi infatti vengono venduti a un costo molto inferiore a quello di acquisto o addirittura a costo zero, con Second Life stessa che si occupa in prima persona delle spese di trasporto. Altri pezzi vengono invece conferiti alle operazioni b2b o al mondo del retail, in cui l’azienda ha iniziato a operare da circa un anno per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di acquistare in modo sostenibile e consapevole. A oggi sono cinque i punti vendita aperti, di cui uno all’estero, ad Amsterdam.
Così i prodotti a fine vita ritornano sul mercato
Partire dal 100% di scarti e arrivare fino al 5% è stato un obiettivo non semplice da perseguire, ma che Second Life è riuscita a raggiungere.
Uno step fondamentale nelle lavorazioni dell’azienda è la riduzione del volume. A differenza di quanto normalmente avviene infatti, la realtà campana si occupa di recuperare anche parti come il metallo delle cerniere, i manici, le fodere, la pelle non danneggiata, la plastica e ogni componente degli accessori lavorati. Questo permette da una parte di operare a livello sociale, dando impiego a un maggior numero di persone, e dall’altra di ridurre l’impatto ambientale, riducendo il volume degli scarti. Tutti i prodotti recuperati vengono custoditi in archivio, in modo da poterli poi riutilizzare in futuro. Il programma Relife consente ai clienti di portare nei punti vendita Second Life i loro accessori a cui desiderano dare nuova vita, riuscendo a riparare il prodotto senza alterarne il design originale e rispondendo in alcuni casi anche a un bisogno dal punto di vista affettivo. Specialmente nel caso di borse o altri pezzi datati infatti, risulta quasi impossibile trovare parti originali con cui sostituire quelle rovinate senza che si noti la differenza. Second Life offre una soluzione che permette all’utente finale di azzerare l’impatto ambientale. A breve verrà lanciato online anche il nuovo progetto “Borsaricambio”, per permettere ad ancora più persone di usufruire di questo prezioso servizio.
Sostenere i futuri designer educandoli al recupero
Second Life si occupa anche di sostenere i futuri designer, educandoli al tempo stesso a creare qualcosa che non generi ulteriore scarto, ma sfrutti le materie prime seconde a disposizione. L’azienda ha all’attivo diverse collaborazioni con Università e con l’Accademia di Belle Arti di Napoli per sensibilizzare i giovani talenti del mondo della moda. A questo scopo, la realtà sta lavorando alla creazione di una scuola di formazione per artigiani del settore, una realtà che ad oggi non esiste nel nostro Paese. L’obiettivo è inserire in questo mondo persone di tutte le età, attraverso una formazione di valore ed eventualmente integrandole in azienda alla fine del percorso. La formazione avverrà su diverse specializzazioni, dal selezionatore al rigeneratore, dall’addetto all’ecommerce all’addetto al marketing e con attestati di qualifica accreditati e certificati.
Tanti i progetti per il futuro
Tanti i progetti nel futuro di Second Life: prima di tutto l’internazionalizzazione, con una campagna di digital marketing per far conoscere ancora di più la realtà nel mondo. Con il bilancio 2022 che si è chiuso con un fatturato raddoppiato, l’obiettivo è fare lo stesso – o ancora oltre – per il prossimo anno, assumendo così nuovo personale. Second Life sta inoltre lavorando al brevetto di un nuovo prodotto con un’utilizzabilità differente dal mondo tessile, con lo scopo finale di entrare nel mondo dell’energia. Una svolta epocale non solo per il settore, che renderà l’azienda una pmi innovativa.
Umanità e passione: elementi insostituibili
Second Life ha all’attivo collaborazioni con importanti nomi della moda, ma anche dello spettacolo: i prodotti sono infatti disponibili per il noleggio per produzioni televisive e cinematografiche. Anche il brand Antonio di Nuzzo opera nell’ambito del recupero creativo, creando lusso dal design accattivante e virtuoso e trasformando in risorsa prodotti di moda a fine ciclo di vita, per un riciclo di alta qualità. Dalla collaborazione tra il brand Antonio di Nuzzo e Second Life è nato Napulèco, un progetto che unisce l’eccellenza del design napoletano alla consapevolezza ambientale che partendo da materiali di risulta accuratamente selezionati, dà vita ad accessori unici, etichettati Fatto a Napoli. Il marchio nasce proprio per riscattare il nome di Napoli, colpito da numerosi pregiudizi, specie nel mondo della moda e del riciclo. Antonio di Nuzzo spiega infatti come l’obiettivo sia quello di mettere in risalto una realtà virtuosa di questo territorio, che per questo motivo si appoggia esclusivamente ad artigiani locali altamente specializzati, esperti di alta moda e lusso. Per Napulèco la creatività, l’umanità dei processi e la passione sono punti essenziali e insostituibili. Proprio per questo è stata fatta la scelta di non sostituire il lavoro delle persone con le macchine, non solo perché queste producono maggiori scarti, ma perché si tratta di un elemento dietro la quale c’è emozione, cura e storia.