
Siamo sicuri che quando un’etichetta si definisce “sustainable”, sia effettivamente così? Purtroppo la risposta è no.
Esistono più di 200 etichette ambientali attive nell’UE e più di 450 attive in tutto il mondo. Eppure molte danno una falsa impressione di quello che è il loro reale impatto ambientale (Initiative on substantiating green claims – EU Commission).
Pubblicità ingannevoli
False promesse e pubblicità ingannevoli. Ne sa qualcosa il colosso dalla fast fashion H&M, già citato in giudizio in ambito eco-sostenibile, adesso accusato di presunte dichiarazioni false e fuorvianti. Lo scorso 3 novembre, un tribunale del Missouri ha dichiarato che i capi della Conscious Choice Collection del colosso svedese non sono «né sostenibili, né rispettosi dell’ambiente, in quanto realizzati in poliestere riciclato, una plastica usa e getta che rischia di finire in discarica perché le sue fibre si indeboliscono quando vengono riciclate meccanicamente».
Dichiarazioni mendaci
Secondo classaction.org, Conscious Choice Collection presenta addirittura una percentuale di fibre sintetiche più alta (il 72%) rispetto alla main collection di H&M (61%), eppure i capi Conscious Choice sono più cari, perché veicolati dal marketing come più sostenibili.
La svolta in Europa
Con la direttiva “Corporate Sustainability Reporting” (CSRD), approvata prima dal Parlamento Europeo (10 novembre) e poi da Consiglio dell’Unione Europea (28 novembre), le informazioni sulla sostenibilità vengono messe sullo stesso piano delle informazioni finanziarie.
L’obiettivo è aumentare la trasparenza e contrastare il “greenwashing”. In altre parole, non sarà più possibile per le aziende perseguire strategie di comunicazione o marketing per presentare come ecosostenibili le proprie attività, cercando di nasconderne l’impatto negativo.
Presto ci saranno standard di rendicontazione della sostenibilità a livello globale
A dirlo è proprio la direttiva. Le aziende saranno presto obbligate a raccogliere informazioni sul loro impatto ambientale, sui diritti umani, sugli standard sociali e sull’etica del lavoro sulla base di standard comuni e definiti a livello comunitario e poi divulgare regolarmente l’anno successivo.
Le nuove regole interesseranno:
- dal 2024: le aziende con più di 500 dipendenti;
- dal 2025 le aziende con oltre 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro
- dal 2026 tutte le PMI quotate.